rondiniLe rondini che ritornano ogni anno nel nostro Paese dopo aver svernato a Sud del Sahara si sono dimezzate nell’arco di dieci anni. Il loro declino, come quello di tanti altri uccelli migratori, è in parte dovuto al fatto che non riescono a stare al passo con i cambiamenti climatici. Uno studio pubblicato su The Proceedings of the Royal Society ha infatti dimostrato che ben 117 specie di uccelli migratori, pur anticipando il loro arrivo alle zone di riproduzione, non riescono ad arrivare in coincidenza dell’inizio della primavera, che continua a sua volta ad anticipare. Specie come la sterpazzola, la capinera o il beccafico giungono in Europa quando la vegetazione e gli insetti di cui si nutrono sono in fasi di sviluppo più avanzate di quanto non accedesse alcuni decenni or sono, perdendo così un’occasione preziosa per allevare adeguatamente la prole.

Quanto grande è il loro ritardo?

  L’entità del ritardo è stato per la prima volta quantificato con una nuova misura, i degree-days che sono un indice di accumulo di calore. Abbiamo calcolato i degree-days in base alle temperature superiori a 0°C rilevate negli ultimi 50 anni, e precisamente dal 1958 al 2008, dal primo gennaio di ogni anno fino alla data media dell’arrivo dei migratori nelle zone riproduttive, identificata grazie al lavoro di numerosi ornitologi volontari e professionisti sparsi in tutta Europa, spiega Nicola Saino, professore ordinario di Ecologia al migratori-tramontoDipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Milano che insieme al CNR di Torino, all’Università di Milano-Bicocca e a studiosi finlandesi, tedeschi e russi ha eseguito la ricerca. Ebbene, l’analisi dei dati ha rivelato che i migratori hanno accumulato un ‘ritardo termico’ medio di 2-3 giorni ogni 10 anni, giungendo nelle zone riproduttive europee in fasi primaverili avanzate, caratterizzate da degree-days più alti, aumentati negli ultimi 20 anni del 58 per cento rispetto ai 30 anni precedenti. Per esempio nel Regno Unito accumulano un ritardo di 2-10 giorni: qui la primavera anticipa di 11 giorni e loro anticipano il loro arrivo di 1-9 giorni. Le specie che mostrano il maggiore ‘ritardo termico’ hanno anche subito un più grave declino demografico aggiunge Nicola Saino.

Perché la loro capacità di adattarsi è più lenta rispetto al rapido cambiamento climatico in atto?

Le popolazioni di uccelli potrebbero avere una scarsa variabilità genetica, che non permette un rapido adattamento rispetto alle modificazioni migratori1dell’ambiente. L’avere una sola prole all’anno impedisce alla selezione naturale di fare uno screening dei genotipi vantaggiosi in tempi rapidi. Inoltre, alcune specie richiedono tempi lunghi per la muta del piumaggio in Africa, incompatibili con una partenza anticipata e il peggioramento delle condizioni ambientali a Sud del Sahara potrebbero impedire un accumulo di grasso adeguato ad intraprendere un rapido viaggio di ritorno. Migrare oggi è certamente più svantaggioso di un tempo, in parte a causa dell’azione umana, che ha modificato il clima e le zone di sosta di questi uccelli, rendendo maggiormente difficoltoso il superamento di barriere ecologiche come il Mediterraneo e il Sahara – conclude Nicola Saino.